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Un nuovo disco per il Boss. Che torna più arrabbiato di sempre. Il suo diciassettesimo lavoro in studio, Wrecking ball, demolisce molto di ciò in cui Bruce Springsteen ha sempre creduto. «Gran parte del mio lavoro», ha spiegato l’artista alla presentazione del disco, «è stato indirizzato a misurare la distanza tra la realtà americana e il sogno americano. È quello che ho sempre fatto, in dischi come Nebraska e Tom Joad, ed è quello che faccio ancora adesso». Con una netta differenza rispetto al passato: la speranza lascia spazio alla disillusione. Come in Jack of all trades, forse la migliore traccia dell’album, dove un “tuttofare” cerca di consolare la propria compagna. Nonostante i problemi e la crisi «staremo bene, tesoro», è il mantra che ripete per tutta la canzone. Per poi concludere «se avessi con me una pistola, troverei i bastardi e gli sparerei a vista». Nessun perdono, nessuna redenzione.

È il segno dei tempi. Springsteen arriva da un decennio molto impegnativo. Cinque dischi di inediti, uno di cover e altri sette di memorabilia e live. In mezzo, sei tour mondiali e, soprattutto, la scomparsa di due colonne della sua musica e della sua vita. Prima Danny Federici, lo storico organista della E Street Band portato via da un tumore nell’aprile del 2008. Poi Clarence Clemons, stroncato dalle conseguenze di un ictus nel giugno 2011. Il “Big Man” che dava vita all’anima nera della band, l’unico a comparire al fianco del Boss sulla copertina di un disco (Born to run). L’unico che non potrà mai essere sostituito. Nel tour che sta per iniziare saranno cinque i fiati sul palco, con l’incarico di colmare il vuoto lasciato da quell’unico sax.

Non è un caso che la E Street Band in questo disco sia poco presente e lasci spazio ad altre suggestioni. L’assolo di chitarra di Tom Morello dei Rage against the machine in Jack of all trades, il canto rap della giovane Michelle Moore in Rocky ground, l’omaggio a Johnny Cash in We are alive. La sensazione è che questo album – bellissimo nel suo essere ruvido, aspro e colmo di sofferenza – sia compatto e organico come pochi altri del Boss. Nonostante le diverse anime che lo abitano. O forse proprio grazie ad esse. Country, folk, soul, celtico, rock, rap, R’n’B, acustico. The Rising, nel 2002, ha segnato una svolta nella musica di Springsteen ed è stato alla sua uscita il suo disco più significativo sin dalla fine degli anni Ottanta. Wrecking ball arriva oggi come conclusione di un decennio segnato dall’11 settembre e dalla crisi economica. Allo stesso tempo, è il primo passo di un percorso che, dopo quarant’anni di carriera, il Boss non sembra avere l’intenzione di interrompere.